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STORIE DI MAMME

Storie di Mamme

STORIE DI MAMME: STEFANIA

Ciao, mi chiamo Stefania, ho 40 anni, sono la mamma di Ismaele e Orlando e sono impiegata da 10 anni come coordinatrice in un’azienda privata che si  occupa di istruzione. Se dovessi descrivermi con un aggettivo direi che sono una mamma premurosa.

PRIMA MATERNITÀ

Entrambe le mie gravidanze sono state molto buone…i parti un po’ meno. Nel primo caso parto naturale indotto con conseguente emorragia grave, a rischio di isterectomia. Breve depressione post partum a causa anche di questa brutta esperienza, ma l’allattamento ci ha salvati. Non so se fosse tutta l’ossitocina prodotta, ma l’allattamento era la mia isola felice che condividevo con il mio bimbo.

Io e il mio compagno abbiamo sofferto molto le notti insonni e i risvegli frequentissimi. Lui dava una mano con il cambio pannolino la notte, ma il mio sonno era continuamente interrotto e il giorno ero uno zombie. I miei suoceri mi aiutavano come potevano, soprattutto fornendomi cibo già pronto e cucinato.

UN PERCORSO DIFFICILE

Dai 2 anni, ho dovuto leggere e imparare molto sull’educazione rispettosa e la disciplina dolce, perché ero (e sono sempre stata, ma con i figli ancora di più), tendente a scatti di rabbia, in cui a volte strattonavo o prendevo in malo modo Ismaele. Ho cominciato la psicoterapia che aveva un anno. Spesso, ero molto stressata dalle questioni lavorative, la sera non rientravo a casa prima delle 19, a volte anche le 20. Sono rientrata a lavoro dopo 5 mesi dal parto (4 di maternità e 1 di ferie accumulate), il Covid ci ha travolti, ma per fortuna Ismaele era ancora piccolo e gestibile, e sono riuscita a lavorare anche da casa. Il rapporto con la mia capa è cambiato già al primo figlio e peggiorato con secondo. Devo dire abbastanza inaspettatamente, visto che anche lei è una mamma e si mostrava molto gentile i primi mesi, quando ancora ero in maternità. Le ho offerto tutto il mio sostegno nel periodo del Covid, nonostante avessi diritto ai congedi speciali per genitori con figli piccoli. Ma mi sentivo che non potevo lasciarla da sola, lei aveva creduto in me quando mi ha assunta e per questo le ero molto grata.

SECONDA MATERNITÀ

Secondo figlio anche qui gravidanza molto bene ma parto molto triste. Orlando era podalico, abbiamo provato varie tecniche e posizioni per farlo girare, fino alla fine, ma non c’è stato verso. Non abbiamo provato la manovra perché il mio ginecologo era preoccupato delle conseguenze, vista la precedente emorragia in cui stavano per togliermi l’utero. Oggi però un po’ mi pento di non essermi rivolta a qualcun altro. Parto cesareo in ospedale, purtroppo positiva al Covid la mattina del parto, per cui ho anche dovuto cambiare ospedale e stare da sola prima e anche dopo il parto, sebbene fossi poi risultata negativa ad un secondo tampone.

IL COVID

Ho partorito la notte e non ho potuto vedere il bambino fino al pomeriggio del giorno dopo, nonostante le mie continue richieste. Ho dovuto insistere ed impormi, minacciando di andare da sola anche che avevo diverse flebo e catetere ancora attaccati. Ero molto preoccupata di non poterlo allattare subito e stabilire quel legame che avevo avuto con il primo. Per fortuna, una volta trovata una stanza, Orlando è potuto rimanere con me tutto il tempo, anche se i punti e la ferita del cesareo, spesso rendevano molto difficoltosi i miei movimenti. Orlando dormiva di più rispetto al fratello e con lui i primi mesi so o stati più semplici. Anche in questo caso sono tornata al lavoro quando aveva 5 mesi.

I rapporti con la mia capa continuavano ad essere molto tesi, perciò, per non indisporla ulteriormente, usufruivo raramente dei congedi parentali…spesso la sentivo lamentarsi di un’altra collega che invece li prendeva regolarmente (come da suo diritto).

LA FIDUCIA

Nei mesi e negli anni, è come se avessi dovuto riguadagnarmi la sua fiducia, come se non fossi stata più brava a fare le cose che facevo prima. Verso fine anno mi ha anche cambiato i turni, rendendo molto difficile la gestione familiare. Abbastanza esausta da tutta la situazione, ho deciso di prendere un congedo di una settimana proprio prima delle ferie estive, sperando di poter gestire tutto al meglio  da Settembre, perché Orlando sarebbe andato al nido (a 1 anno, come il fratello). Adesso, al lavoro va un po’ meglio, sento di essere tornata nelle sue grazie, nonostante mi senta sempre un po’ come una sorvegliata speciale, proprio per il fatto di essere mamma. Ho capito che preferisce che chieda il permesso prima di prendere congedo, anche se non è dovuto e non può dirmi di no. La gestione di 2 bambini, ancora piccoli, è molto faticosa, soprattutto a livello emotivo. Vorrei passare più tempo con loro, ma allo stesso tempo, quando sono con loro spesso sono agitata e nervosa perché devo occuparmi anche della casa e della preparazione dei pasti.

GIORNATA TIPO

La mattina il mio compagno ci sveglia alle 8, facciamo colazione tutti insieme, li preparo per l’asilo e lui li accompagna alle 9. Io resto a casa a svolgere il mio primo lavoro: manager della casa. Metto a posto tutto il disordine, pulisco se c’è da pulire, faccio lavatrici, svuoto lavastoviglie, programmo e a volte anche cucino un pranzo veloce per me e il mio compagno, e la cena per tutti e 4. A ora di pranzo, più o meno, vado al lavoro. Faccio un part-time pomeridiano di 6 ore, quindi finisco sempre tra le 19 e le 20. Alle 16.30 il mio compagno o i miei suoceri vanno a prendere i bimbi da scuola, a volte restano a casa dei nonni, altre a casa da noi con il papà e magari uno dei nonni viene a dare una mano. Dai racconti del mio compagno, il pomeriggio sono abbastanza ingestibili, forse sono stanchi, litigano spesso, si lamentano, Ismaele è oppositivo si tutto.

Io, nel frattempo, ho cominciato e concluso una seconda terapia per la gestione della rabbia e credo di essere migliorata. Ma ad alcuni comportamenti di Ismaele non so proprio come rispondere, e neanche il mio compagno; quindi, da Settembre abbiamo deciso di andare in terapia insieme per trovare degli strumenti più efficaci delle urla. Nel frattempo, il rapporto con il mio compagno si è un po’ deteriorato, litighiamo spesso e soprattutto per la gestione dei bambini. Io arrivo a casa a ora di cena, a volte prepara lui quello che io ho programmato al mattino, altre volte deve solo scaldare. Nonostante questo, la sera lo trovo sempre più stanco e nervoso e purtroppo la cena non è un bel momento, la stanchezza di tutti – a partire da quella dei piccoli – ha quasi sempre la meglio.

IL FINE SETTIMANA

Il fine settimana cerchiamo di programmare almeno un’attività tutti insieme, spesso partecipano alle feste di compleanno dei compagni, organizziamo piccole gite, andiamo al teatro o semplicemente al parco sotto casa. Il mio cruccio è di non passare abbastanza tempo di qualità con loro, li vedo un’ora la mattina e 2/3 ore la sera, mi occupo io del bagnetto e della messa a letto, proprio perché voglio viverli di più, mentre il mio compagno si occupa della cucina e della lavastoviglie dopo cena. Lui resta sveglio a lavorare al PC anche fino a mezzanotte, mentre io spesso mi addormento con i bimbi e torno  alle 22. Mi chiedo spesso come sarebbe se avessi un lavoro di mattina che finisca entro le 17, così da poter passare i pomeriggi con i miei bambini. Spesso ho pensato di cambiare lavoro per questo motivo, e da settembre vorrei rimettere mano al Cv e guardare un po’ di annunci. Ho un po’ paura del cambiamento, il lavoro che faccio mi piace, è a 10 minuti a piedi da casa e questo è assolutamente un valore aggiunto in una città come Roma. Poi, mi chiedo spesso, se fossi con loro tutti i pomeriggi, sarei felice? O mi ritroverei con o capelli per aria come il mio compagno?

L’AZIENDA E IL SOSTEGNO

Se hai un buon rapporto con il capo, può capitare che ti venga incontro per esigenze legate ai figli. Per esempio, ad una mia collega, permette di portarsi qualche volta il bambino a lavoro, cosa che non ho mai fatto io perché i nostri rapporti erano peggiorati e non volevo chiedere nulla, anche perché non ne ho necessità e sinceramente non saprei lavorare con i miei figli intorno. Bisogna fare attenzione e a non prendere troppi congedi parentali o comunque chiederle il permesso prima, poiché non vengono visti di buon occhio. Spesso le chiedo di lavorare la mattina, in modo non uscire troppo tardi la sera, ma raramente me lo permette.

IL PUNTO DI VISTA DELL’HR

Dal Racconto di Stefania emerge un tema importante: l’importanza di un supporto adeguato da parte dell’azienda per i dipendenti che sono anche genitori.

Al rientro dalla maternità i neo-genitori hanno altre priorità, preoccupazioni e ritmi che spesso non coincidono con quelli dell’azienda per cui lavorano; migliorare il dialogo all’interno del team di lavoro, promuovere un ambiente di lavoro inclusivo e offrire opportunità di sviluppo professionale possono fare una grande differenza nel benessere e nella soddisfazione dei dipendenti.

Ci preme sottolineare che nel supporto alla genitorialità devono spesso rientrare pratiche di sostegno anche psicologico, per i neo-genitori molte aziende, infatti, hanno già attivato importanti progetti di counseling.

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