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CI VEDIAMO IN RIUNIONE… NEL METAVERSO

La realtà virtuale (VR) sta rivoluzionando il modo in cui lavoriamo, offrendo nuove opportunità e migliorando l’efficienza in vari settori. Oltre a consentire alle persone di svolgere più attività contemporaneamente senza perdere la concentrazione, infatti, permette anche di migliorare le attività di squadra.
Immaginare di incontrare i colleghi e le colleghe di lavoro nel cosiddetto “metaverso” per una riunione, magari in un ambiente che simuli una spiaggia caraibica, semplicemente indossando un visore, potrebbe non essere più fantascienza tra qualche anno. Finzione, ma anche realtà. Quali sono infatti gli effetti che questo tipo di contesto digitale potrebbe avere sulla mente delle persone?

A dare una risposta ci ha pensato Nicola De Pisapia, docente di Psicobiologia e Psicologia fisiologica al Dipartimento di Psicologia e Scienze cognitive dell’Università di Trento in un recente studio (“Virtual Reality, Face To Face, and 2D Video Conferencing Differently Impact Fatigue, Creativity, Flow, and Decision Making in Workplace Dynamics”) pubblicato sulla rivista Scientific Reports del gruppo Nature.

L’obiettivo è proprio quello di analizzare l’impatto psicologico sugli individui in tre contesti di interazione professionale: videoconferenza online, riunione in presenza e riunione in una realtà virtuale tridimensionale per poi osservare e misurare gli effetti di queste diverse modalità di comunicazione sulle dinamiche di gruppo, sulle prestazioni cognitive e sul benessere individuale.

A mettere a disposizione dipendenti e spazi per lo svolgimento di questo studio scientifico – uno dei pochi a livello internazionale di questo tipo – è Terna, azienda italiana che si occupa di reti per la trasmissione di energia elettrica.

LO STUDIO

L’indagine, alla quale ha collaborato Gregorio Macchi, anche lui del Dipartimento di Psicologia e Scienze cognitive, ha interessato una sessantina di persone, suddivise in quattro gruppi.

Ognuno di questi si è riunito in una sala riunione, su una piattaforma online e in realtà virtuale e, in ciascuna di queste condizioni, ha dovuto lavorare in team per discutere possibili soluzioni di un problema. Nel mentre, un osservatore nascosto misurava diversi aspetti del loro modo di interagire.

Al termine delle riunioni ai partecipanti e alle partecipanti sono stati sottoposti diversi questionari per raccogliere elementi riferiti alla capacità creativa di elaborare idee innovative, al grado di coinvolgimento nell’attività richiesta, all’eventuale stress provocato dall’uso del visore durante l’immersione nella situazione virtuale.

“Il quadro che è emerso non è semplice. Non c’è uno strumento buono e uno cattivo. Tutti sappiamo che il remoto offre vantaggi ma anche svantaggi. Quello che abbiamo fatto è stato cercare di quantificare e misurare questi aspetti e non lasciarli solo alle sensazioni personali”.

Nicola De Pisapia

I RISULTATI

In sintesi, i test hanno dimostrato che le riunioni in presenza facilitano, più delle altre modalità di lavoro, il coinvolgimento dei partecipanti che riescono così a sviluppare valide idee. Però, fanno registrare una prevalenza di emozioni negative e stress. Soprattutto se nel gruppo sono presenti superiori si percepisce il rapporto di gerarchia. Inoltre, c’è più competitività.

La realtà virtuale si è rivelata quasi simile a quella fisica per quanto riguarda la partecipazione e la sensazione di “immersione”. Gli individui tra di loro collaborano attivamente. Come se indossare un visore ed essere nascosti dietro un avatar li facesse sentire protetti, liberi di esprimersi, maggiormente coinvolti e creativi.
Un aspetto negativo riportato in questo caso al termine dell’esperimento è però l’affaticamento della vista. Stanchezza determinata dai limiti attuali della tecnologia. I visori disponibili non sono ancora perfettamente ergonomici e agevoli come si vorrebbe ma risultano pesanti e ingombranti.

La videoconferenza, infine, si è rivelata un’efficace modalità di lavoro, seppur con forti limiti comunicativi. Nel corso della riunione le persone si focalizzano sull’argomento da discutere, parlano senza sovrapporsi e il livello di tensioni è moderato. Ma si dicono annoiate. In questo caso quindi l’approccio è utilitaristico.

Ambienti diversi hanno, dunque, conseguenze altrettanto diverse sulla performance lavorativa.

“La realtà virtuale può essere applicata anche ad altre situazioni, come la scuola. Le aspettative sono che diventerà sempre più presente. Ecco perché bisogna conoscerla bene per poterci convivere.
Quando i visori saranno più piccoli e leggeri tutti potremo andare nel metaverso, ma consapevoli di quello che facciamo”.

Nicola De Pisapia

Fonte: comunicato stampa Università di Trento

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