Jennifer Lopez probabilmente non sa che deve il successo della sua esibizione di questi giorni, di fine luglio di una torrida estate, alla Certosa di Capri anche alla tenacia di un giovane tedesco capitato nell’isola insieme ad un amico duecento anni prima. Lo spettacolo di beneficenza al costo € 25.000,00 a persona non sarebbe stato possibile se il giovane tedesco non avesse dischiuso al mondo intero la inimitabile perla, nascosta per secoli nel sereno splendore del verde dei suoi giardini e dell’azzurro del suo mare.
Il giovane August Kopisch, insieme al suo amico Ernest Fries, sbarcarono a Capri nel tiepido inverno del 1826 e presero alloggio nella locanda di Giuseppe Pagano, il notaio dell’isola. Quella locanda, situata dietro la piazzetta, sarebbe diventata l’hotel La Palma, l’albergo – a mio parere – che meglio ha coniugato nei secoli il fascino proprio della ospitalità partenopea con il miglior standing internazionale. Arrivavano da un lungo pellegrinaggio nella penisola, iniziato nel 1823 e conclusosi a Napoli da dove i due spesso osservavano Capri immaginandola come un cammello a riposo con il profilo delle due gobbe sulla linea dell’orizzonte. A quel tempo, infatti, Capri non costituiva una meta obbligata del Grand Tour nonostante il fatto che essa conservava soprattutto le vestigia di un imperatore capriccioso e crudele.
Durante il giorno i due giovani visitavano ogni luogo dell’isola. A volte si fermavano su quella strana piattaforma rocciosa, ove Curzio Malaparte molto tempo dopo avrebbe fatto costruire la sua strana abitazione rossa a gradoni, per osservare l’Arco Naturale e per spiare più lontano verso occidente i Faraglioni. Tentavano la estenuante ascensione del monte Solaro fino a raggiungere la sua maestosa abside naturale. Si spingevano sulle tracce dei ruderi del palazzo di Tiberio e del castello del pirata Barbarossa, godendo di panorami unici come quello che si ammirava nei pressi di Anacapri nel punto ove 100 anni dopo il medico svedese Axel Munthal avrebbe edificato la sua villa/monumento San Michele.
A sera invece, nel tepore amichevole della locanda La Palma, la compagnia si riuniva a raccontare ed ascoltare vecchie storie dell’isola, tramandate dai vecchi e raccolte soprattutto dal marinaio Angelo Ferraro. In una di quelle sere Ferraro parlò di una grotta misteriosa situata nella riva orientale dell’isola, fortemente temuta dai capresi per la presenza comprovata di spiriti diabolici e di mostri marini che ne abitavano l’interno.
Il giovane tedesco, figlio dell’illuminismo teutonico oltre che letterato di buone speranze, sorrise sarcasticamente al sentire la storia misteriosa e pregò Ferraro di accompagnarlo nella caverna marina. Il giorno dopo, complice il mare finalmente tranquillo, vediamo Kopisch immergersi in acqua e, senza compagni, entrare nella grotta spingendo un barile che contiene una torcia. Questa prima immersione non lo soddisfa affatto perché il fumo della torcia gli ha inibito quasi completamente la visione della grotta; ci torna quindi un’altra volta optando per un’ora del mattino inoltrato. La scelta risulta azzeccata; a quell’ora la grotta mostra di meritare l’aggettivazione che le sarà in seguito data. Infatti, la rifrazione del sole, i cui raggi superando la superfice del mare penetrano nella grotta, dipingono di un tenue color azzurro ogni lato della grotta.
Kopisch, entusiasticamente e immediatamente, scrive ed invia in patria un resoconto della “scoperta”. In realtà qualcuno sospetta che non si tratti di una scoperta genuina ma di un gesto ospitale, oppure di una burla, che i capresi hanno voluto riservare ai due giovani ospiti tedeschi. A sostegno di questa tesi è opportuno precisare che nel secolo precedente l’abate Coronelli, il famoso Argonauta, aveva realizzato una mappa dell’isola che conteneva la grotta.
In ogni caso va dato merito al giovane tedesco di aver risvegliato Capri da un millenario letargo. Il resoconto viene subito pubblicato in un libretto che fa il giro dell’Europa e la Grotta Azzurra diventa il formidabile testimonial dell’isola.
Oggi Capri sembra essersi affrancata dal legame indissolubile con la sua Grotta; la Grotta certamente costituisce ancora una delle perle dell’isola; ancora potreste infatti notare il costante assembramento di grosse barche che sostano davanti alla grotta in attesa dei turisti della domenica in visita all’interno trasportati da barchini di dimensioni ridotte.
Ma l’isola ha da tempo maturato una sua autonoma identità che ha attratto la gente più autorevole e potente della terra e che comunque merita almeno una visita nell’arco della vita di ciascuno di noi.