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Storie d'estate

CARTOLINE DAL LEVANTE – CAMOGLI

LA CASA DELLE MOGLI

Ci sono cinque chilometri del Levante Ligure, non di più di cinque, ai quali io e la mia famiglia siamo particolarmente legati. Sono quelli che collegano Recco a Portofino, passando per Camogli. Tanti anni fa, scaraventati a Milano per il mio lavoro, ci mancava il mare; dopo un po’ capimmo che il Levante Ligure sarebbe stato un accettabile surrogato della nostra Costiera amalfitana; dico “surrogato” perché la costiera non può essere tradita, né dimenticata e tantomeno comparata con altri posti per la sua magica atmosfera, che noi respiravamo, fatta di storia, cultura, sole e limoneti declinanti verso il mare e abbacinati dal sole che mai si stanca di riflettersi in mille scintille sul mare.

Nel Levante non avverti una pari prepotenza della natura; tutto è più soffuso, più timido e riservato come l’indole stessa dei suoi abitanti. Questa particolarità invece di respingere aiuta il visitatore a sentirsi meno estraneo e, in qualche modo, più accolto.

Questi tre paesi, geograficamente tanto vicini, non potrebbero essere più distanti per origini, storia ed identità. Tutti e tre sono sul mare, hanno avuto una storia ed una economia fondata sul mare ma oggi, per diversi motivi e cause, stanno interpretando in maniera diversa la loro identità marinaresca.

Se fate lo sforzo di interrogare Google e scaricare la mappa di quel territorio avrete la conferma che i tre paesi sono veramente vicini – un chilometro scarso tra Recco e Camogli; due, tre chilometri tra Camogli e Portofino – i primi collegati tra loro dalla antica strada romana francigena tramite la quale i pellegrini arrivavano fino a Roma e poi alcuni, proseguendo verso Otranto, si imbarcavano verso la Terra Santa.

Su tutti e tre i paesi incombe il monte di Portofino che con la sua vetta acuta poco ha in comune con le colline che degradano tenuamente verso il mare. Il monte continua ad essere un attendibile indicatore meteorologico per il territorio: se la sua vetta è nascosta dalle nuvole allora presto pioverà.

Camogli (il paese del quale vi parlerò oggi) è collocato in una piccola ed anche stretta insenatura, pressata dalle colline che degradano troppo rapidamente verso il mare. Il paese quindi si è conquistato il suo spazio sottraendolo al territorio inospitale, creando fabbricati, anche di 6 o 7 piani spesso colorati con tonalità diverse di rosso, arancione o giallo. Questo è il primo elemento identitario di Camogli. Da qualsiasi prospettiva tu guardi il paese, tu ti stupirai per la peculiarità dei suoi palazzi, per lo più ottocenteschi, che sulla collina creano una cortina policroma che nulla lascia al verde della vegetazione che invece governa più a monte il panorama verso il boschetto e la frazione di san Rocco.

Certamente dal mare la vista risulta ancor più suggestiva ma anche ingannevole. Infatti, se sbarchi nel porticciolo e, dopo una breve passeggiata sul lungomare (strutturalmente pedonale), ti avventuri nei “caruggi” che salendo a monte consentono il passaggio di una persona alla volta (antico sistema di difesa dagli attacchi dei saraceni, comune ad Amalfi) scoprirai che il verde esiste ed è ben protetto e custodito dalle donne di Camogli.

Questo mi porta a rammentare la matrice da cui prende nome il paese: Camogli “la casa delle mogli”.

Quando Camogli era un centro mercantile, totalmente legato ai traffici marittimi nei quali tutti gli uomini erano impegnati, il paese era sostanzialmente abitato da donne e bambini, cioè dalle mogli e dai figli dei marinai in giro per il mondo. Questa caratteristica ha interessato Camogli per un lungo periodo, circa 800 anni, terminato soltanto dopo la fine della navigazione a vela. In tutto questo periodo le donne hanno giocato un ruolo centrale nella economia e nel progresso della loro città. Hanno ben amministrato i denari che i mariti consegnavano loro ad ogni sbarco; hanno provveduto ad erigere ed ampliare le loro abitazioni; hanno sovrainteso alla educazione dei loro figli; si sono inoltre impegnate in attività mercantili e artigianali autonome. A volte purtroppo si sono sostituire ai mariti, dispersi e mai tornati da una traversata oceanica, nella gestione della azienda familiare. I documenti dell’epoca ci restituiscono la prova della centralità femminile nella vita di Camogli.

Troviamo donne comandanti di vascelli, armatrici e perfino assicuratrici (nel registro dei soci della Società assicuratrice marittima camogliese già nel 1854 troviamo il nome di una donna).

Le donne del popolo poi contribuivano al bilancio familiare costruendo capolavori artigianali quali il tombolo e il macramè che i mariti provvedevano ad imbarcare e vendere o permutare con altri oggetti presso i porti stranieri che toccavano durante i loro viaggi. Questo spiega anche perché in molte case di Camogli puoi trovare mobili di mogano tipici del gusto anglosassone.

Cerco di immaginare come fosse Camogli a metà dell’800. Certamente era una città viva, vera, allegramente chiassosa, piena del vociare dei bambini e dei dialoghi operosi delle donne che non si limitavano a fare la spesa quotidiana usando la “libretta” (il sistema di acquisto a credito con saldo del debito allo sbarco dei mariti). Le donne erano il tessuto connettivo della società camogliese, solidali tra loro soprattutto quando qualcuna di loro diventava una “vedova di mare”.

Oggi Camogli si è tramutata in un centro turistico, ha assunto una vocazione per la quale la gente ligure non mi sembra particolarmente avvezza. Sto parlando del turismo di oggi e non di quello di elite, terminato negli anni ’50 dello scorso secolo, fatto di ricche coppie inglesi attempate o di giovani donne della buona società alla ricerca di aria salubre.

Durante i mesi estivi Camogli è piena di gente. Ogni angolo della città accoglie un locale adibito a bar, pub, tavola calda, ristorantino, rivendita di paccottiglia turistica.

Durante i mesi invernali Camogli si spopola. Il successo di Camogli ha fatto levitare spropositatamente i prezzi delle abitazioni. Non ci sono più i Camogliesi che hanno venduto le loro abitazioni trasferendosi nei paesi limitrofi. Non ci sono i Milanesi che stanno nella loro città a fare reddito per le prossime vacanze. I locali sono serrati in una specie di letargo dal quale si risveglieranno soltanto a primavera.

Insomma, la città ha pagato il prezzo del suo cambiamento vendendosi la sua identità, identità che in verità aveva già inesorabilmente perso, macinata dall’ingiuria del progresso.

Nonostante tutto rimango dell’idea che Camogli meriti una visita. Per conto mio preferisco godermela dal mare illudendomi che essa sia rimasta la stessa di quando le mogli aspettando i mariti lavoravano al tombolo chiacchierando in circolo confortate dal vociare gradevole dei propri figli.

Alla prossima, se avrete pazienza, parleremo di Recco!

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