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Storie

LOTTA ALLA VIOLENZA

INTERVISTA A BO GUERRESCHI, PRESIDENTE DI BON’T WORRY

Uno degli effetti negativi della pandemia è stato sicuramente l’inasprimento di alcune dinamiche familiari e di conseguenza l’aumento delle violenze c.d. domestiche, consumate nelle quotidianità. Lo hanno dimostrato statistiche e numeri, e la cosa non può non destare preoccupazione ed attenzione. La nostra testata è molto sensibile a questi temi e a tutti gli argomenti legati al sociale, pertanto, quando ci siamo imbattuti nell’associazione bon’t worry, abbiamo colto l’occasione per intervistare la presidente Bo Guerreschi.

Quando è nata l’idea della vostra associazione e da cosa deriva il nome che avete scelto?

La bon’t worry nasce nel Gennaio del 2015 e il nome, compreso il logo, è stato un regalo donatoci dalla prima vittima che abbiamo aiutato, che, unendo il mio nome, Bo, all’espressione “don’t worry” (tradotto: “non preoccuparti”) vi ha racchiuso ciò che il mio lavoro ha significato per lei: l’attenzione e tutela che ho dedicato personalmente e che hanno portato alla sua rinascita. La bon’t worry nasce con l’obiettivo di combattere per garantire una tutela concreta e una giustizia reale in un sistema ancora lento, per vari o troppi motivi, rispetto a quanto previsto dalla legge. Il GAP tra leggi scritte e realtà processuale è troppo ampio e questo non può esistere.

Quali sono le principali aree di intervento di bon’t worry?

Il principale lavoro della bon’t worry è la lotta contro la violenza di genere, con particolare attenzione alla violenza verso le donne e i bambini. Dalla presa in carico si procede, poi, alla definizione dell’operato a seconda del caso, considerando le circostanze, le vittime, la situazione e soprattutto la fattispecie di reato e la sua gravità. La bon’t worry agisce per ottenere Giustizia, quella Giustizia che è chiamata a far valere i diritti delle persone vittime di violenza, e soprattutto per garantire una piena tutela: legale, psicologica e fisica. Ogni vittima viene seguita in maniera personalizzata in relazione alla fattispecie di reato, alla gravità del reato e in base alla propria individualità. Le vittime, infatti, non sono tutte uguali e non reagiscono sempre esattamente nello stesso modo. Ogni caso è diverso anche se spesso alcuni comportamenti e reazioni di chi è vittima di violenza si ripetono. Ma ciascuna storia e ciascuna vittima è unica: non bisogna dimenticare che ogni persona ha le proprie forze e debolezze. È cura della bon’t worry, poi, comprendere le sfaccettature di persone e situazioni e cogliere cosa sia giusto e funzionale al benessere della vittima. Inoltre, entro le proprie possibilità, la bon’t worry cerca di guidare le vittime nella ricerca di un lavoro e di un’abitazione, poiché troppe volte, scappando, si ritrovano senza alcuna possibilità economica. E troppe volte cadono nella gabbia degli usurai, finendo sovra indebitate, creando i presupposti per ulteriori motivi di violenza e discriminazione sociale. In tutto ciò, un punto fermo della bon’t worry è quello di lottare per non togliere mai i figli alle vittime.

Ci può raccontare qualcuno dei principali progetti di Bon’t worry?

Tra i progetti della bon’t worry oggi in via di realizzazione vi è “Il Villaggio dei Saggi”, per creare asili sociali dove, grazie con l’utilizzo di alte tecnologie, lo studio di 3 lingue, la musica, lo sport e la flessibilità degli orari, i genitori con meno possibilità economiche potranno lasciare serenamente i propri figli. In questi asili l’ascolto dei bambini sarà centrale, questo perché, come dico sempre io, ” si parla dei bambini, ma non si parla mai con i bambini”. Negli asili sociali, inoltre, si punta ad offrire un’educazione superiore sia a livello culturale, sia a livello sociale che funga da prezioso strumento in un mondo assai competitivo. Con l’apertura delle varie sedi, si apriranno anche nuovi posti di lavoro: si consideri che l’asilo più piccolo assumerà circa 80/150 persone, mentre il più grande raggiungerà le 1500 assunzioni. Questi asili, inoltre, vogliono essere uno strumento di rilancio dell’economia locale (agricoltura, artigianato) nel rispetto di quei diritti e principi che la società ormai è solita proclamare, ma non attuare. Il lavoro è il primo strumento a conferire dignità e serenità alle persone e abbiamo visto come la mancanza di un impiego, troppe volte, è una delle cause o concause delle molestie, delle violenze psicologiche e fisiche a livello domestico, con spesso ripercussioni gravi sui minori. Gli asili saranno realizzati, pandemia permettendo, in 3/4 città italiane, in Egitto con l’accordo dell’EOCBA, in Brasile grazie alla nostra responsabile del Sud America e del Brasile, Claudia Sanchez e negli USA. Un altro progetto di alto rilievo è l’Istituto di Ricerca che sarà realizzato in America con il patrocinio di università di spicco, ma ne parleremo appena definito. La bon’t worry opera, fin dall’inizio, in quasi tutto il mondo e in tutta Italia.

Qual è stata, negli anni di operatività della bon’t worry, la difficoltà incontrata più di frequente nel lavoro di difesa e protezione delle persone/vittime che si sono rivolte all’associazione?

Premettendo che la bon’t worry, dalla nascita, ha sempre trovato un’ottima collaborazione con le Forze dell’Ordine e con le Magistrature, anche con confronti forti, ma sempre lottando per il bene, per la giustizia e per la tutela delle vittime, con rispetto reciproco e con la consapevolezza che noi e le Istituzioni operiamo dalla stessa parte. Premettendo che la bon’t worry, come associazione, collabora ogni passo con i legali che tutelano le vittime e opera attivamente anche in ambito giudiziario direttamente con le Forze dell’Ordine e con la Magistrature (e non solo in Italia), la difficoltà che ha incontrato riguarda l’aspetto economico: soprattutto con la pandemia, infatti, le donazioni si sono ridotte, i problemi sono aumentati e di conseguenza sono cresciute anche le nostre necessità per aiutare chi aveva e ha attualmente problemi. Il problema economico-sociale, aggravato dalla presenza del Covid, ha aumentato le spese, ed è fonte di nuove esigenze. Ciononostante, la bon’t worry non si è abbattuta, ma ha, invece, unito le forze, anche del direttivo e dei responsabili, per far fronte alle prime necessità delle famiglie. Se avessimo più fondi, potremmo fare molto di più.

Come la pandemia ha impattato sui progetti? (se ha generato nuove problematiche e nuove sfide)

La pandemia ha ritardato la realizzazione dell’asilo. Non apriremo mai un asilo per poi doverlo chiudere in relazione all’andamento della situazione sanitaria, poiché ciò comporterebbe impegni economici cui la bon’t worry non potrebbe far fronte. Inoltre, i nostri finanziatori e la banca che hanno sostenuto il progetto (considerata l’importanza sociale del progetto, speriamo arrivino ulteriori fondi e risorse) devono essere sicuri che i loro capitali vengano investiti proficuamente per la realizzazione dell’obiettivo. Perciò, speriamo di poter finalmente tagliare il nastro nel 2022, con la nostra soddisfazione e la soddisfazione di chi ci è già vicino e di chi vorrà unirsi a noi.

Cosa rappresenta la bon’t worry per chi chiede aiuto all’associazione?

Per chi chiede aiuto la bon’t worry deve rappresentare la massima tutela, la massima attenzione, sicurezza e protezione, garantite dal mio impegno primario come persona e non solo come presidente, oltre che dal lavoro dei nostri legali altamente specializzati. La bon’t worry opera con attività diretta a favore di tutte le vittime di violenza che chiedano aiuto. Io per prima non mi tiro mai indietro. Molte volte ci coordiniamo con le forze dell’ordine affinché intervengano, evitando così di esporre a rischio noi stessi e le vittime. La bon’t worry deve essere forza, sicurezza e fonte di serenità per le vittime. Noi facciamo tutto quanto possibile e fino a quando l’ultima possibilità di giustizia non è stata provata, non molliamo. Le stesse vittime si aiutano tra loro, si tutelano a vicenda e sono sempre pronte ad intervenire per le altre/i, attraverso una chat, attraverso loro diretti contatti. Molte di loro sono diventate anche amiche e amici.

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