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TRINITà DEI MONTI

Chicche

LA SCALINATA DI TRINITÀ DEI MONTI

STORIE DI ANTICHE ASTUZIE, DI PASSATI ATTI DI CORAGGIO E CIALTRONERIE DI OGGI.

La stampa ha recentemente riportato un episodio, a metà tra il vandalismo e la sciatteria, che ancora una volta ha coinvolto la Scalinata di Trinità dei Monti. Non è la prima volta e temo non sarà l’ultimo. Ma la nostra Scalinata custodisce anche storie positive ed episodi che il tempo ha ormai soffuso di un’aurea al limite della leggenda.

Quindi, se vi capita di passare da piazza di Spagna, nella zona barocca di Roma, guardate in alto verso la scalinata di Trinità dei Monti e considerate il fatto che anche noi di Roma abbiamo avuto i nostri super eroi.

TRA STORIA E LEGGENDA

La storia della scalinata per una notte si fuse con quella del nostro super poliziotto degli anni ’60, il maresciallo Armando Spadafora. Certamente il cardinal Mazzarino – siciliano di origine – quando decise di finanziare la costruzione della scalinata non poteva intuire che un altro siciliano ne avrebbe fatto un uso, a dir poco, improprio.

Narrano le cronache che il cardinal Mazzarino era in visita a Roma per definire il finanziamento del restauro della colonna Traiana. Per questo motivo il pregiatissimo libro del Santi Bartoli, edito nel 1673 che contiene le incisioni raffiguranti la colonna, fu dedicato a Luigi XIV – il Re Sole – illuminato mecenate, finanziatore dell’intervento. In cambio il Re Sole ricevette una copia completa dei calchi in gesso della colonna. Su questa vicenda esiste un altro curioso aneddoto: sembra che Napoleone Bonaparte, arrivato a Roma 150 anni dopo, non potendosi   portar via direttamente la colonna, decise di rapinare insieme a tanto altro la seconda   copia dei calchi custoditi in Vaticano. Solo successivamente i francesi scoprirono in una stalla della regia di Versailles la prima copia detenuta lecitamente e successivamente – anche a seguito della forte pressione del Canova- resero all’Italia la seconda copia, frutto di saccheggio.

Ma torniamo a Mazzarino. Il cardinale, nell’occasione della sua visita, fu accompagnato a Villa Medici, sito che era stato suggerito come nuova sede della Accademia di Francia e che soltanto dopo 15 anni ne sarebbe diventata la sede definitiva. Mazzarino visita la villa, esprime il suo parere positivo per la nuova location. Come poteva pensare il contrario? La villa è splendida ed imponente, porta il nome di una regina di Francia, Caterina de’Medici; in aggiunta è in una posizione dominante la città, anche superiore al colle del Quirinale, allora sede del papa. Mazzarino se ne compiace ma contemporaneamente esprime una unica perplessità. “Bellissima la villa “dice “ma inguardabile è quel declivio pieno di erbacce che porta fino alla barcaccia!”. Infatti, a quel tempo la scalinata non c’era.

I suoi accompagnatori – con astuta tempestività più partenopea che romana – replicano: “non si preoccupi Sua Eminenza; il Re di Spagna provvederà presto e a sue spese a costruire una scala che porterà dal Pincio fino alla sua ambasciata (questo è infatti il motivo per il quale la piazza si chiama “di Spagna”). Non sappiamo se quanto affermato dagli accompagnatori del cardinale rispondesse a verità. Sappiamo soltanto che il Regno di Francia, su iniziativa del prelato siciliano, fu quello che finanziò l’opera della scalinata di Trinità dei Monti.

IL BRIGADIERE SPADAFORA

Con tutta la buona volontà è difficile sostenere che l’allora brigadiere Spadafora fosse consapevole di quanta storia stesse calpestando, e probabilmente anche danneggiando (sarebbe intervenuto dopo 30 anni il restauro sanificatore finanziato dalla compagnia di assicurazione Assitalia) quando con la sua Ferrari 250GTE inforcò in discesa la scalinata all’inseguimento dello Zoppo, un noto membro della mala romana al volante di una Alfa Romeo 2500.

Eramo tempi nei quali la malavita stava “cambiando pelle” trasformandosi da quella tipica dei topi d’appartamento e dei contrabbandieri di sigarette a quella più pericolosa dei rapinatori che si sarebbe evoluta nel narcotraffico e – fortunatamente per un breve periodo – nei rapimenti.

Ma ancora resisteva una specie di “fair play” tra forze dell’ordine e delinquenza, quasi ci si trovasse in un gioco di “Guardie e Ladri” nel quale al termine di ogni “partita” il perdente avrebbe riconosciuto il merito al vincitore.

L’allora brigadiere Spadafora a quel tempo faceva parte della squadra mobile alla guida una vettura, Alfa Romeo 1900; l’unica in servizio a Roma!

Il brigadiere si era subito distinto per la passione e la professionalità che mostrava nella sua attività. Le cronache del Messaggero erano molto spesso occupate dai racconti delle sue gesta. Era veramente diventato il super eroe di una città che nel dopo guerra mostrava un gran bisogno di riferimenti positivi.

Le sue gesta convinsero l’allora prefetto Vicari di dotare la squadra di una vettura ancora più potente, una Ferrari 250 GTE

Proprio alla guida di questa Ferrari in quella notte del marzo 1964 il brigadiere Spadafora incrociò nei pressi di piazza Navona l’Alfa Romeo 2500 condotta dallo Zoppo, un balordo ben noto a san Vitale (la questura centrale di Roma). L’inseguimento per le vie addormentate del centro storico iniziò immediatamente. E questa volta lo Zoppo non ebbe vita facile. Furono inutili i suoi tentativi di seminare il poliziotto. Questa volta c’era una macchina potente a inseguirlo ed un autista esperto e spericolato a condurla.

Alla fine, arrivarono, provenendo probabilmente dalla via Sistina, all’apice della scalinata. Lo Zoppo non aveva altra via di uscita che quella di infilarsi nella scalinata, a quell’ora deserta. Ma il brigadiere non mollò.

Ambedue le vetture si precipitarono sulla scalinata con gran rumore di ferraglie. Pezzi delle auto si staccarono e rimasero fumanti per l’impatto sulle scale. Molti gradini rimasero lesionati e schegge di travertino andarono a far compagnia ai pezzi di auto.

In fondo alla scala la macchina dello Zoppo si arrese, essendosi rotta la coppa dell’olio. La Ferrari non ne usci meglio ma non fermò la sua corsa fino ad affiancare l’Alfa Romeo dello Zoppo.

Finì così alle prime luci dell’alba la sfida tra il buono ed il cattivo con l’ammissione da parte dello Zoppo della sua sconfitta.

RIFLESSIONI

Questa è una piccola storia di una Roma ormai sparita e dimenticata. Rimasero soltanto i segni dell’impatto sui gradini e sui parapetti della scalinata di Trinità dei Monti; memorie quasi romantiche che il restauro del 1995 aveva quasi completamente cancellato e che ora sembrano riemergere a ricordo di quel fatto.

Spero veramente che l’annunciato nuovo restauro promosso da nuovi mecenati non ci sottragga completamente qualcosa che ci riporta a un tempo diverso e forse migliore.

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